Sale l’attesa per la notte del 3 settembre quando tutte le luci del centro storico Viterbese si spegneranno. A quel punto si vedrà solamente la luce immensa dalla Macchina di Santa Rosa che attraverserà le vie della città portata a spalla da cento uomini (detti facchini di Santa Rosa) che la trasporteranno da porta Romana al Santuario.
Un sentimento represso nei due anni di pandemia e che ora ritorna a vivere con eventi legati all’immagine della Santa, come i tradizionali trasporti di “mini-macchine” nei vari quartieri della città realizzati dai ragazzi viterbesi. Appuntamento a sabato prossimo!
APPROFONDIMENTO
La Macchina di Santa Rosa è il baldacchino trionfale che innalza al di sopra dei tetti di Viterbo la statua di Santa Rosa, patrona della città. Essa assume oggi la forma di una torre illuminata da fiaccole e luci elettriche, realizzata in metalli leggeri e in materiali moderni quali la vetroresina (che hanno sostituito da diversi anni il ferro, il legno e la cartapesta); è alta circa trenta metri, pesante cinquantuno quintali (5.100 kg), e sempre culmina con la statua della Santa.
La sera del 3 settembre di ogni anno, a Viterbo, la macchina viene sollevata e portata in processione a spalle da un centinaio di uomini detti “Facchini di Santa Rosa” lungo un percorso di poco più di un chilometro articolato tra le vie, talvolta molto strette, e le piazze del centro cittadino, immerse in un suggestivo buio nel quale solo la Macchina risplende sfarzosamente illuminata.
Il trasporto, scandito dal grido di devoto entusiasmo “Viva Santa Rosa”, rievoca simbolicamente la traslazione della salma di Santa Rosa, avvenuta a Viterbo nel 1258 per disposizione di Papa Alessandro IV, dalla Chiesa di Santa Maria in Poggio (detta della Crocetta) alla chiesa di Santa Maria delle Rose (oggi Santuario di Santa Rosa). La festa rientra nella Rete delle grandi macchine a spalla italiane, dal 2013 inserita nel Patrimonio orale e immateriale dell’umanità dell’UNESCO.
La Macchina viene realizzata da un costruttore, scelto dal comune di Viterbo con pubblico appalto ogni cinque anni, la cui durata può essere tuttavia prorogata. Il capitolato prevede la costruzione di una macchina «alta 28 metri sopra la spalla dei facchini» che raggiunge quindi circa 29,50 metri da terra, e fissa alcune misure limite, anche in base alle vie del centro storico, che nei punti più stretti vedono la Macchina sfiorare grondaie e balconi. Nel passato la Macchina ebbe prevalentemente l’aspetto di un campanile gotico, illuminato con torce e candele, da cui la tradizionale definizione di “campanile che cammina” che le diede lo scrittore Orio Vergani.
Nella seconda metà del Novecento, a partire dallo straordinario Volo D’Angeli costruito da Giuseppe Zucchi, sono subentrate forme più moderne o avveniristiche, come per Ali di Luce, realizzata per il periodo 2003-2008 dal progettista Raffaele Ascenzi (lui stesso facchino di Santa Rosa dal 1988 al 2008) e dal costruttore Contaldo Cesarini, impiegando materiali altamente tecnologici, fibre, leghe leggere, e sorgenti luminose diverse, che valorizzano le forme artistiche dei rivestimenti in cartapesta. Parte di questa macchina è oggi visibile al Museo nazionale delle Arti e Tradizioni popolari di Roma.
Dal 2009 la nuova Macchina di Santa Rosa fu Fiore del Cielo progettata dagli architetti Arturo Vittori e Andreas Vogler (Architecture and Vision) e costruita dalla G. Engineering di Loris Granziera, di Udine. Dal 2011, il cantiere di Porta Romana ove è assemblata la Macchina di Santa Rosa è allestito da Fiorillo e Cesarini, imprese di costruzioni locali.
La Macchina viene realizzata da un costruttore, scelto dal comune di Viterbo con pubblico appalto ogni cinque anni, la cui durata può essere tuttavia prorogata. Il capitolato prevede la costruzione di una macchina «alta 28 metri sopra la spalla dei facchini» che raggiunge quindi circa 29,50 metri da terra, e fissa alcune misure limite, anche in base alle vie del centro storico, che nei punti più stretti vedono la Macchina sfiorare grondaie e balconi.