Il maestro Balthus nacque a Parigi nel 1908 con il nome Balthasar Klossowski de Rolà ed è stato uno dei più grandi artisti contemporanei. Il padre Eric era storico dell’arte e scenografo e la madre pittrice, Elisabeth Dorothea Spiro, nota come madame Baladine.
Ha formato la sua arte studiando e poi ispirandosi ai dipinti dei grandi maestri del primo Rinascimento in Italia, con particolare riferimento a quelli di Masaccio e Piero della Francesca, completando le sue composizioni con il realismo di Gustave Coubert.
Le sue opere destarono scandalo a causa della giovanissima età delle modelle, provocando reazioni non solo negli anni trenta del 1900 in occasione della sua prima esposizione a Parigi, ma anche nel 2017 quando al museo Met di New York, si vietò l’esposizione dell’opera “Thérèse Dreaming”. Le opere di Balthus rappresentano al contrario della critica ricevuta, un’ investigazione nel mistero dell’infanzia e della sua innocenza. Fu il primo pittore che ancora in vita ebbe il privilegio di vedere esposta una sua opera al Louvre.
L’artista dall’animo raffinatissimo, fu definito dall’amico Federico Fellini “un signore del Rinascimento”. Nel 1968 il pittore franco-polacco conte Balthasar Klossowski de Rola, terminato il suo lavoro di restauro a Roma a Villa Medici, per il quale era stato incaricato nel 1961 dal Ministro della Cultura francese, inizia a cercare un luogo speciale dove vivere.
Accompagnato nella Tuscia, dal caro amico il principe Giovanni del Drago, rimane molto affascinato dal Castello di Montecalvello dove il tempo sembrava essersi fermato. Lo acquista nel 1970 e lo restaura riportandolo allo splendore del periodo in cui divenne l’elegante residenza della nobile casata dei Monaldeschi. Qui come a Villa Medici, sperimentò la tecnica dell’ “intonaco Balthus” che a Roma aveva incantato tutti alla fine del restauro della Villa.
Il Castello di Montecalvello, risalente al periodo medievale e fu costruito su un originario impianto, risalente probabilmente al periodo longobardo al tempo del re Desiderio; le prime notizie risalgono agli inizi del Duecento sotto la podestà della viterbese famiglia ghibellina di Alessandro Calvelli, dal quale sembrerebbe derivare il nome la borgata, situata nel cuore della Teverina Viterbese, in quella parte della Valle del Tevere che delimita per qualche decina di chilometri il confine fra Umbria e Lazio.
Venne poi la signoria dei Monaldeschi del ramo del Cane, che in periodo compreso tra gli inizi del 1400 e per tutto il 1500 attuarono la trasformazione da fortezza a palazzo residenziale. Ai Monaldeschi per difficoltà economiche, succedettero nella prima metà del Seicento i Pamphili con la figura di Donna Olimpia Maidalchini Pamphili, la potente cognata di Papa Innocenzo X, che acquistò all’asta alcuni castelli nella valle del Tevere.
L’aspetto della fortezza medioevale è stato alterato dalla trasformazione del Castello in palazzo residenziale, ma si evidenzia ancora nella parte esterna prospiciente l’entrata, e nel passaggio voltato che immette nella corte, mentre il nucleo centrale che affaccia nel medesimo cortile è composto da un borghetto rimaneggiato insieme al palazzo al tempo dei rifacimenti rinascimentali.
Le finestre del piano nobile che prospettano sulla corte, sono un esempio tipico del secondo ‘400 che si riscontra in altri palazzi viterbesi dello stesso periodo. Negli stipiti di pietra vulcanica, sono scolpite figure di delfini, rosette, e i profili di un uomo e di una donna con le acconciature dell’epoca. Al di sopra delle paraste si evidenziano gli architravi sui quali è inciso il motto Vera recta fides (Fedeltà vera e autentica), mentre guardando verso il lato nord spicca la fontana circolare in peperino al centro della corte eseguita nel 1673 sotto i nuovi proprietari, i Pamphili.
Nelle stanze del castello di Montecalvello si ha la sensazione di compiere un viaggio di conoscenza interiore, di amore e rispetto per la natura di cui noi facciamo parte e un viaggio attraverso i ricordi e l’amore per il prossimo e per gli amici. Le pitture del piano nobile che si trovano nella parte più antica del castello, non sono semplicemente e banalmente decorative ma raccontano e lanciano un messaggio preciso: rispettare la natura perché è solo attraverso di essa che avviene la trasformazione alchemica del piombo che simbolicamente rappresenta lo stato caotico, oscuro, in oro come luce solidificata e sole terreno che esprime la perfezione dell’esistenza umana.
Sullo stipite di ogni porta di accesso alle diverse stanze è inciso in latino un motto, tratto dalla Bibbia, che invita ad una riflessione filosofico-esistenziale. Nella stanza da letto chiamata degli Amori e dell’Amicizia è dipinta la seguente frase: AMICURUM PRESENTIUM ET ABSENTIUM MEMORES ESSE DEBEMUS (dobbiamo custodire nella nostra memoria il ricordo degli amici presenti e degli amici assenti) che ci rammenta che l’amicizia è un elemento fondamentale nell’esistenza dell’uomo, preziosa. Oltre ai motti in latino incisi sulle porte, anche le Grottesche, ci portano e avvolgono nell’atmosfera del mito dove l’uomo è tutt’uno con la Natura.
L’Alchimia o la Filosofia Ermetica, cela nei suoi simboli enigmatici il mezzo di penetrare i più profondi misteri della Natura e dell’Assoluto. Gli alchimisti hanno rivelato nelle loro immagini ciò che mai sono riusciti a spiegare a parole. Nel salone della Loggia, sul camino, una donna bianca con drappo rosso: anche qui sembrerebbe che ci sia un collegamento con i colori alchemici, il luogo dove inizia il racconto ermetico ed alchemico ed il dipinto è senza dubbio rappresentazione della Pietra Filosofale. Nella stanza chiamata della “Carità” troviamo l’illustrazione perfetta dell’Ingiunzione Ermetica : “Volatilizzare il solido e Solidificare il volatile “Solvet et Coagula”.
Nella stanza degli “Amori e dell’Amicizia” l’Amore Sacro è simboleggiato dal quadro della Madonna con il bambino, mentre il Profano da un dipinto della venere, intitolato “le lacrime di Cupido”, che, per santimònia, un sacerdote, che all’inizio del secolo precedente soggiornò al castello, danneggiò irrimediabilmente. Qui i colori sono molto intensi e accesi, e si tratta di un tipo di decorazione pittorica estremamente ricco e fantasioso in cui elementi vegetali, animali reali e fantastici, oggetti, mostri mitologici, esseri ibridi, chimere.
Interessante chiedersi se dietro a tutto ciò si nasconde una precisa volontà esoterica ed alchemica dei signori del Castello, che rimanda a quel particolare ambiente culturale viterbese legato all’ermetismo e al platonismo, che va sempre più diffondendosi nel tardo ‘400 a seguito della traduzione dei testi di Ermete Trismegisto (frutto di una elaborata sintesi del dio greco Hermes e dell’egiziano Thoth) ritenuto il mitico fondatore della Filosofia Alchemica e che ha sicuramente ispirato gli artisti che hanno realizzato questi primi cicli pittorici. Le stanze dell’ala nuova come il salone di Giove, la stanza dei Ludi Puerorum, la stanza degli animali e la loggia, furono dipinte tra la metà e la fine del 1500 e presentano affreschi di grande qualità artistica e un linguaggio simbolico molto interessante.
Nella soffitta del Castello, che Balthus ha riservata come suo studio, sono visibili i suoi colori, la tavolozza ed i pennelli. Si è proiettati in una dimensione di altri tempi, non ci sono opere dell’artista che sono esposte nello studio di Rossiniere, in Svizzera, dove si era trasferito negli ultimi anni della sua vita e dove è morto nel 2001. Attualmente i figli Stanislas e Thaddée, per buona parte dell’anno risiedono nella dimora acquistata e riportata allo splendore dal padre.
Il Castello, per il suo grande fascino è stato utilizzato molte volte come set cinematografico, ad esempio, nel 2010 nella serie televisiva per la Rai Preferisco il Paradiso dedicata alla vita di San Filippo Neri, nel 2015 per il film di Matteo Garrone Il racconto dei racconti, più recentemente nel 2019 per Netflix Luna Nera, nel 2020 la serie televisiva targata Rai dedicata a Leonardo da Vinci e presto molte altre novità.
Itinerario a cura di Anna Rita Properzi (Guida Turistica ed Ambientale Escursionistica Aigae) – tel. 333 4912669; sito web www.annaritaproperzi.it