Il Pantheon rappresenta, da più di duemila anni, l’espressione massima della gloria di Roma. La sua storia si lega in maniera indissolubile allo sviluppo della città eterna di cui è immagine nei secoli.
L’iscrizione sull’architrave “Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, nell’anno del suo terzo consolato”.
Fu ispirazione dei più grandi architetti del Rinascimento, tanto che Raffaello volle farne il luogo del proprio riposo eterno. Nel 27 a.C. Marco Vipsanio Agrippa, genero, amico e collaboratore del primo imperatore Augusto fece costruire questo tempio, dedicandolo alle sette divinità planetarie. Ad esse si deve il nome di Pantheon, che, in greco, significa “di tutti gli Dèi”. L’edificio originario, che doveva essere di dimensioni ridotte rispetto a quello attuale, fu riedificato da Adriano tra il 118 ed il 125 d.C. Nel ricostruirlo, Adriano non tenne conto dell’impostazione di Agrippa: rovesciò l’orientamento dell’edificio di 180 gradi e aprì davanti al nuovo tempio una grande piazza porticata.
Il Pantheon, chiuso e abbandonato sotto i primi Imperatori cristiani e successivamente saccheggiato dai barbari, nel 609 d.C. fu donato dall’Imperatore bizantino Foca a Papa Bonifacio IV. Papa Bonifacio IV consacrò il tempio dedicandolo a Santa Maria ad Martyres. Il riferimento ad una schiera collettiva cristiana fu voluto in contrapposizione all’antica dedica pagana a tutti gli dèi di Roma.
L’ARCHITETTURA
La grandezza di questo monumento è data soprattutto dallo spazio interno, un unico vano a pianta circolare coperto da un’immensa cupola emisferica di dimensioni impressionanti, talmente avvolgente da dare l’impressione di essere sospesi al centro di una grande sfera cava. E in effetti le proporzioni sono proprio quelle di una sfera: il diametro dell’aula (43,44 m, corrispondente a 150 piedi romani) è esattamente pari alla sua altezza
La facciata anteriore ha l’aspetto di un tempio ottastilo; il pronao, composto da tre file di colonne corinzie monolitiche lisce in granito egizio, è unito alla rotonda retrostante da un elemento intermedio a forma di parallelepipedo.
Il corpo cilindrico (detto anche tamburo) ha uno spessore di circa 6 metri ed è profondamente scavato all’interno da nicchie alternativamente quadrangolari o semicircolari intervallate da edicole. Al di sopra di esse corre una trabeazione anulare che sporge solo in corrispondenza delle colonne che affiancano l’abside.
Sul tamburo si innesta la grande cupola emisferica (la più grande cupola del mondo fino alla costruzione di quella brunelleschiana nel XV secolo) la cui solidità è garantita dal massiccio rinfianco, cioè l’appesantimento della parte più esterna della cupola in modo da “verticalizzare” le spinte orizzontali che potrebbero far collassare il tamburo. Il profilo esterno della cupola appare, così, ribassato, cioè meno di mezza sfera.
La cupola è realizzata in calcestruzzo, (un impasto che in età romana era costituito da calce, pozzolana, acqua e pietrisco) nella cui composizione, via via che ci si avvicina alla sommità, sono presenti materiali sempre più leggeri (dal travertino iniziale fino alla leggerissima pomice nella parte più alta). Un oculo zenitale, del diametro di quasi 9 metri, costituisce l’unica fonte di luce per il grande vano circolare.
All’interno della cupola sono presenti cinque anelli concentrici di 28 cassettoniquadrangolari ciascuno i quali, da un lato alleggeriscono la struttura (sono infatti degli incavi nello spessore della cupola stessa), e dall’altro la rendono più resistente attraverso la griglia di nervature che vanno formare.
L’edificio venne consacrato alla Vergine (Santa Maria ad Màrtyres) nel 609. Fu questo il motivo per cui, unico fra le antiche costruzioni templari, ci è pervenuto pressoché integro non avendo subito le devastazioni a cui furono sottoposti tutti gli altri templi pagani dopo l’anno 391, quando l’imperatore Teodosio (347-395) ne decretò la definitiva chiusura.
La copertura in tegole di bronzo dorato e le decorazioni a rosette dei cassettoni furono asportate nel corso dei secoli e sono irrimediabilmente perdute. Ma il ricco pavimento e gran parte del rivestimento parietale interno in pregiati marmi policromi sono ancora quelli originali.
COME UN TEMPIO SOLARE
È l’oculus, unica finestra da cui penetra luce e calore, a rendere il Pantheon un “tempo solare”. Dal l’oculus, un raggio di sole penetra all’interno e gira a seconda dell’ora del giorno e fa del Pantheon un osservatorio astrologico dedicato, come appunto evoca il nome, a tutti gli dei. Nel solstizio d’estate, i calcoli architettonici hanno fatto in modo che a mezzogiorno avvenga un fenomeno astrologico unico: il raggio di sole che entra dal grande occhio della cupola proietta un enorme disco luminoso sul pavimento, del diametro di 9 metri, proprio come quello dell’oculo.