La valle della Caffarella si trova all’interno del Parco Regionale dell’Appia Antica, istituito nel 1988 con una legge regionale (n. 66/88) grazie alla battaglia di comitati di cittadini, urbanisti, intellettuali e ambientalisti – primo fra tutti Antonio Cederna – che ha consentito la salvaguardia di una parte fondamentale del patrimonio storico-archeologico di Roma.
Con un’estensione totale di circa 200 ettari, di cui ben 132 acquisiti dal Comune di Roma a partire dai primi anni del 2000, il Parco rappresenta una parte della campagna romana rimasta straordinariamente intatta nel corso dei secoli proprio a ridosso del centro storico. Un luogo affascinante, teatro di miti e leggende, compreso fra due direttrici antiche di grandissima importanza, la via Latina e la via Appia.
Al suo interno il Parco della Caffarella racchiude monumenti archeologici di eccezionale bellezza che, insieme agli aspetti naturalistici, rendono l’area un luogo incredibile dove camminare e assaporare il genius loci del territorio: cisterne romane, tombe ed edifici monumentali appartenuti ad esponenti di famiglie romane aristocratiche, splendidi casali agricoli costruiti inglobando strutture medievali.
La valle fin da epoca preromana fu luogo di coltivazioni di alberi da frutta e ortaggi, essendo costituita da terreni molto fertili di origine vulcanica e grazie all’abbondanza di acque, legata alla presenza del fiume Almone e di numerose sorgenti; a partire dal tardo periodo repubblicano i Romani occuparono parte dell’area con la costruzione di ville suburbane a carattere agricolo-produttivo. Importanti proprietari terrieri della zona furono esponenti della gens Annia, famiglia romana che si contraddistinse per la grande ricchezza.
Assoluti protagonisti di questa zona del suburbio romano furono, intorno alla metà del II sec. d.C., Erode Attico, ricco ateniese trasferitosi a Roma alla ricerca di fama e potere, e sua moglie Annia Regilla. I coniugi crearono, presso il III miglio della via Appia, una vasta tenuta agricola che, alla morte di Regilla nel 160 d.C. (morte di cui venne accusato lo stesso Erode Attico), il potente retore ateniese ristrutturò, ribattezzandola Triopio, dal nome dell’eroe tessalo Triopas, fondatore a Cnido, in Asia Minore, di un santuario dedicato alla dea delle messi Demetra. Nella tenuta Erode fece costruire edifici e templi consacrati agli Dei Mani, divinità infernali, e alla memoria della moglie defunta: da non perdere il cenotafio di Annia Regilla, piccolo edificio templare eretto in memoria della donna, sepolta ad Atene, e il Tempio di Cerere e Faustina, trasformato nella Chiesa di Sant’Urbano a partire dall’alto Medioevo. Dal III sec. d.C. la villa di Erode Attico e il Pago Triopio entrarono a far parte del demanio imperiale, per essere poi parzialmente inglobate da Massenzio, imperatore tra il 306 ed il 312, nel suo complesso monumentale presso l’Appia Antica, costituito da palazzo, mausoleo e circo.
All’interno della Caffarella si conservano, inoltre, altre testimonianze del mondo romano: un bosco sacro, attualmente dominato da lecci di recente piantumazione, e un ninfeo di grande suggestione, scavato nel banco tufaceo, che secondo le leggende romane fu la grotta in cui si incontrarono il secondo re di Roma, Numa Pompilio, e la ninfa Egeria, consigliera e amante del monarca. Di fondamentale importanza per la storia del territorio fu lo scorrere placido dell’Almone, fiume sacro ai Romani: nelle sue acque, a partire dal 204 a.C., il 27 marzo di ogni anno si svolgeva il rito della lavatio matris deum, un rito di purificazione legato al culto di Cibele, la Magna Mater, madre di tutti gli dei.
Alla fine dell’Impero romano la valle venne parzialmente abbandonata, per essere poi riutilizzata a partire dall’alto Medioevo quando gli edifici romani vennero distrutti per ricavare nuovo materiale da costruzione o riutilizzati, inglobandone i resti in strutture a scopo difensivo: sorsero numerose torri controllate da importanti famiglie romane, come i Conti Tuscolani che fortificarono e militarizzarono il territorio in loro possesso. L’abbondanza delle acque presenti nel territorio permise l’attività agricola e quella artigianale: grazie alla forza motrice dell’acqua furono realizzati molti impianti per la produzione di farina o per la lavorazione e il lavaggio dei panni da parte dei tintori presso le valche.
Nel 1529 i vari appezzamenti di terra, proprietà di enti ecclesiastici o ricche famiglie romane, furono riunificati in un’unica estesa tenuta da Giovanni Pietro Caffarelli; in seguito divennero proprietari i principi Pallavicini e nel 1816 il duca Giovanni Torlonia che apportò numerose migliorie alla complessa rete idrica della valle, seguendo le orme dei Caffarelli, a partire dai quali la tenuta ha assunto il caratteristico aspetto che ancora oggi conserva.
Nonostante a partire dagli anni ’20 del ‘900 la valle sia stata più volte inserita nei Piani Regolatori della città, prevedendo una suddivisione in strade e una lottizzazione dei terreni, grazie alle battaglie condotte dalla cittadinanza e da intellettuali e politici del secondo dopo guerra, oggi il Parco rappresenta uno splendido esempio della campagna romana dove camminare godendo dell’atmosfera di una Roma quasi completamente scomparsa sotto il peso del cemento e dell’asfalto.
Per esplorazioni in questa area romana: Valentina Treviso (Archeologa, Guida Turistica e Ambientale Escursionistica Aigae) – tel. 347 9404568.