| #DINTORNIDELLATUSCIA | L’isola che non c’è – MONTE ARGENTARIO

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Monte Argentario è un comune toscano di circa 12.000 abitanti, che racchiude i paesi di Porto Ercole e Santo Stefano. Conosciuto dai più per il suo mare cristallino, è un promontorio ricco di storia e fascino, ancorato alla costa attraverso due lingue di terra, il tombolo della Feniglia e il tombolo della Gianella e da un istmo artificiale su cui sorge Orbetello.
Se i detriti trasportati dai fiumi non si fossero lentamente sedimentati, portando alla formazione dei tomboli, oggi l’Argentario sarebbe una delle isole dell’arcipelago toscano insieme a Giglio, Giannutri, Montecristo, Pianosa, Elba, Capraia e Gorgona.

STORIA

L’Argentario deve il suo nome alla famiglia romana dei Domizi Enobarbi, ricchi banchieri e commercianti, da cui proviene anche l’imperatore Nerone. Grazie a questa potente famiglia si istaurarono nelle acque dell’Argentario le attività che per molti secoli segneranno la sua storia: la produzione ittica, l’estrazione del sale, la produzione ceramica e il commercio di vino, oggi rappresentato dalla DOC Ansonica Costa dell’Argentario.

Per la sua posizione geografica, al centro del Mar Tirreno, fu considerato dai primi navigatori un approdo sicuro, ma nel Medioevo si rivelò un luogo difficile da vivere a causa della malaria e delle sempre più frequenti incursioni piratesche. Diventò così un avamposto militare a servizio delle varie potenze che dominarono la costa, dagli Aldobrandeschi fino al dominio spagnolo. Alla caduta della Repubblica di Siena nel Cinquecento, i territori dell’ex contado senese vennero annessi al Granducato di Toscana, tranne l’Argentario che diventò Real Stato dei Presidi di Spagna, funzionale alla difesa dei commerci marittimi contro gli ottomani e importante sentinella a controllo dello Stato della Chiesa.

Questo piccolo Stato, che aveva la propria capitale in Orbetello, influì in maniera determinante sull’equilibrio politico e militare della Toscana dal 1557 al 1801. La corona spagnola finanziò il rinforzo del sistema difensivo costiero mettendo mano alle torri di avvistamento e alle possenti fortezze intorno a Porto Ercole, per la cui progettazione furono incaricati i migliori architetti militari dell’epoca.

Oggi le torri sono ridotte a ruderi di eccezionale fascino, da cui ammirare un panorama sconfinato, mentre le fortezze mantengono la propria maestosità e sono visitabili all’esterno (tranne Forte Stella che è aperto da Aprile a Ottobre). Per intraprendere i trekking che portano alla Torre di Capo d’Uomo o alle Fortezze di Porto Ercole, si consiglia di partire dal borgo e di rivolgersi all’Ufficio Informazioni in Lungomare Strozzi 18. Una breve passeggiata nei vicoli di Porto Ercole vi porterà a scoprire un caratteristico borgo marittimo, il cui centro storico è compreso entro due file di mura a picco sul mare.

Secondo la tradizione questo fu il luogo dove morì Michelangelo Merisi da Caravaggio, durante il suo viaggio di ritorno verso Roma. Santo Stefano è l’altro borgo del promontorio, qui gli spagnoli costruirono un’imponente fortezza a difesa della baia, oggi sede del Museo delle Memorie Sommerse. Entrando è possibile vedere anfore e dolia rinvenuti nelle profondità marine, appartenuti a navi onerarie affondate nel Tirreno nell’antichità.

STORIE DI CORSARI TRA MITO E REALTA’

L’anno 1532 segnò un profondo sconvolgimento nell’equilibrio politico-militare europeo che aveva visto solidale il blocco occidentale cristiano contro quello orientale mussulmano. Il re di Francia Francesco I, antagonista della politica espansionistica di Carlo V di Spagna, si alleò con il Sultano turco Solimano II. Da quel momento le incursioni piratesche aumentarono considerevolmente, quelle che erano state fino allora semplici tentativi di rapina, si trasformarono in vere e proprie azioni militari. Abili capi militari ottenevano dallo Stato turco la “lettera di corsa” con la quale erano autorizzati a distruggere, saccheggiare e fare prigionieri, dividendo poi il bottino con lo Stato stesso. Il corsaro più famoso è stato Kayr ed-Din, chiamato il Barbarossa, a lui è legata una leggenda ancora viva nella tradizione locale, la leggenda della Bella Marsiglia.

Barbarossa in occasione di una delle sue numerose incursioni, si spinse oltre il confine dello Stato dei Presidi fino al Castello di Collecchio appartenente alla famiglia senese dei Marsili. Qui abitava una giovane ragazza, di una bellezza folgorante, dai capelli rossi e gli occhi color del mare, chiamata Margherita. Il Barbarossa decise allora di rapirla e portarla con sé per condurla a Costantinopoli, dove divenne la preferita del Grande Signore Solimano, cui dette anche un erede. La Torre della Bella Marsilia si trova oggi nel cuore del Parco regionale della Maremma ed è visitabile attraverso percorsi trekking immersi nella vegetazione a macchia mediterranea.

Approfondimento a cura di Giada Pellegrini (ConGiadaInGiro) – Contatto: 335 6039081 (Whatsapp)

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