Il Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese offre un interessante percorso espositivo e, soprattutto, è un museo che vuole essere non soltanto una sequenza di reperti, quanto un ripercorrere le tappe evolutive della presenza dell’uomo nella nostra Regione soprattutto nel periodo della Preistoria, anche attraverso apparati didattici come pannelli didascalici, ricostruzioni, plastici, videoproiezioni e uso di strumenti informatici.
In alcune sale è possibile ritrovare testimonianze essenziali della presenza etrusca e romana al fine di realizzare un itinerario organizzato cronologicamente che si va a completare con le fasi successive legate più particolarmente al territorio di Valentano dal periodo longobardo, medievale e rinascimentale sino all’epoca moderna. È possibile completare la visita con la visione di gran parte del territorio della Provincia di Viterbo e delle vicine regioni dall’alto della Torre Ottagonale, vedere una raccolta di armi e visitare la Scala Santa. La visita inizia al centro del Cortile del Castello.
IL CASTELLO DEI FARNESE
Il Museo è ambientato nel monumentale Castello dei Farnese riedificato, nel 1296, a partire dal torrione ottagonale, su preesistenti costruzioni difensive medievali.
Trasformato in scuole e poi in abitazioni di fortuna fino al 1957, il castello è stato restaurato a partire dal 1979 e il museo, ivi ospitato, è stato inaugurato nel 1996. Lungo le pareti del cortile sono posti alcuni reperti storici relativi al territorio di Valentano. È necessario salire ora al primo piano per visitare la SEZIONE PREISTORICA.
PERCORSO DELLA PREISTORIA:
Il visitatore consideri che le varie età: PALEOLITICO – NEOLITICO – ETÀ DEL RAME – ETÀ DEL BRONZO – ETÀ DEL FERRO sono presentate in un percorso attrezzato con pannelli e contenitori collocati in supporti di diverso colore. Il cambio dei colori evidenzia che da un’era si passa alla successiva.
SALA N. 1 – PALEOLITICO
Nel primo spazio di questa sala sono esposti reperti del PALEOLITICO (quella che può essere definita l’età della caccia e raccolta) provenienti dalla provincia di Viterbo. L’esposizione si apre con una serie di reperti fossili di ELEPHAS ANTIQUUS databili al Paleolitico Inferiore (circa 500.000 anni fa) rinvenuti nei territori di Tuscania e di Grotte Santo Stefano nei pressi di Viterbo.
I manufatti esposti provengono dalla formazione geologica definita come “terrazzi del Tevere” nella zona di Orte del Paleolitico medio (80.000-30.000 anni fa) ricca anche di raschiatoi e punte ritoccate dell’industria Musteriana prodotti dagli uomini di Neanderthal. Nella seconda vetrina sono esposti reperti dell’industria litica, lame di selce del Paleolitico superiore e del Mesolitico (30.000-9.000 anni fa provenienti dal riparo di Cenciano diruto (nel comune di Corchiano).
Il mondo spirituale di questo periodo è rappresentato, nella terza vetrina, da ciottoli incisi e pendagli di pietra rinvenuti nella grotta delle Sette Cannelle (in territorio di Ischia di Castro), della quale è stata riprodotta la stratigrafia in scala che incorpora strumenti originali e ossa dalla grotta. Alcuni strumenti di selce sono stati rimontati su manici di osso o legno per renderne comprensibile la funzione. Nel secondo settore della sala prima e nella vetrina della seconda sala sono esposti i reperti del Neolitico (cioè l’età dei primi villaggi) attraverso cui possiamo comprendere che circa 9.000 anni fa il modo di vita dell’uomo europeo inizia a trasformarsi: è presente ormai la fase dell’allevamento di ovini, bovini, maiali e la coltivazione di cereali e legumi che prevalgono sulla caccia e la raccolta di piante e molluschi.
I reperti del Neolitico sono rappresentate dai recipienti di ceramica, dalle asce di pietra levigata e dalle punte di freccia in selce; strumenti per filare e tessere si uniscono a quelli già in uso per la concia delle pelli. Nel museo sono esposti, e in parte ricostruiti, oggetti da Poggio Olivastro presso Canino, grotta del Vannaro a Corchiano, Quarto della Guzzarella presso Viterbo, accette e punte di frecce e strumenti in ossidiana da Valentano. Un plastico a grande scala ricostruisce il territorio del basso corso del Fiora presso Poggio Olivastro, nell’epoca del Neolitico.
SALA N. 2 – Nella sala 2 in apposito espositore sono presenti i recipienti dalla grotta cultuale di Monte Venere sul lago di Vico, della cosiddetta cultura del Sasso (dal nome della Grotta Patrizi al Sasso di Furbara) e, nella contigua sala multimediale si può visionare il filmato “La grande trasformazione“, relativa sempre al Neolitico.
Sala N. 3 – (Salone ducale con il Camino del Sangallo). ETÀ DEL RAME.
I materiali esposti sono relativi all’Età del rame (cioè l’età dei primi metalli). Verso 5.000 anni fa compaiono le prime tracce dell’uso del rame, che solo più tardi si intensifica in una produzione di qualità che conosciamo attraverso armi e ornamenti contenuti nelle tombe a grotticella della cultura di Rinaldone (località nel territorio di Montefiascone presso cui fu rinvenuta la prima necropoli di questa fase culturale).
Nel grande espositore posto a sinistra si presenta, in scala 1 a 10, un plastico comprendente l’intera area scavata della necropoli della Selvicciola (presso Ischia di Castro), che costituisce un ritrovamento fondamentale per la conoscenza del periodo. Nelle vetrine superiori sono contenuti i materiali rinvenuti. Due delle tombe sono anche ricostruite a dimensioni reali con gli scheletri ricollocati nella posizione originale.
Nell’ultima vetrina di questa sala sono esposti i corredi della stessa cultura provenienti dalle necropoli del Palombaro a Farnese e di Grotta Fichina a Monteromano, mentre nella stessa vetrina è presentato un importante aspetto dell’età del rame costituito dalla cultura del bicchiere campaniforme, diffusa in tutta Europa, i cui resti sono emersi massicciamente un po’ ovunque nel territorio altolaziale e soprattutto in superficie nell’abitato di Torre Crognola presso Vulci (territorio di Canino).
SALA N. 4 – ETA’ DEL BRONZO (antico e medio)
L’inizio dell’età del bronzo, attorno a 2.000 anni avanti Cristo, è segnalata da una crescita del numero di abitati, tra i quali spicca il villaggio su palifitte, ora sommerso, che sorgeva sulle rive del piccolo lago di Mezzano presso Valentano e che ha restituito il complesso di reperti integri più imponente di tutta l’Italia centrale, comprendente ceramiche, bronzi e oggetti di legno. L’abitato di Mezzano è occupato nel Bronzo antico e medio, così come molte delle grotte che si aprono nei versanti travertinosi della vallata del fiume Fiora.
Nella grande vetrina sono esposti i reperti recuperati dai villaggi sommersi di Mezzano: contenitori ceramici piccoli e grandi con due bollitoi (i vasi di forma quasi cilindrica con anello interno poco sotto l’orlo); alcuni reperti lignei tra cui un mestolo, una grande macina in pietra lavica, resti ossei di animale (cervo, ovicaprino, bue, maiale). Nella retrostante saletta multimediale è proiettato il filmato “Mezzano, messaggi dal fondo“, dedicato alle ricerche subacquee nel lago.
SALA N. 5 – BRONZO MEDIO
Dallo scavo di Grotta Nuova presso Ischia di Castro, attraversata da un corso d’acqua e nella quale erano deposte offerte cultuali, ritroviamo alcuni reperti il cui stile caratterizza la prima parte del Bronzo medio. Durante questo periodo (3700-3300 anni fa), la sfera spirituale, oltre che dalle grotte cultuali, è rappresentata dal ritrovamento di una tomba a camera scavata nel tufo a Castelletto di Prato Frabulino presso Farnese, nel cui corredo compare anche una collana in perle di pasta vitrea, attestazione antichissima di una produzione artigianale strettamente collegata con il controllo del fuoco raggiunto attraverso la metallurgia. Nella sagoma di testa fanciulla, oltre alla collana, sono presenti orecchini in argento. Come pure è in argento il manufatto a spiralina (probabile fermacapelli) presentato nella sottostante zona della vetrina accanto al grande vaso che la conteneva).
Durante il Bronzo medio hanno fine molti insediamenti occupati da secoli, ma numerosi altri ne sorgono, particolarmente sui pianori delimitati da valloni che sono un tratto caratteristico del paesaggio della Tuscia. Tra questi, il più noto è Luni sul Mignone presso Monteromano, riprodotto – come prototipo – in un grande plastico che riporta i monumenti preistorici ed etruschi messi in luce dagli scavi.
SALA N. 6 – Prima sezione – BRONZO MEDIO SECONDA FASE
Nella vetrina di fronte sono visibili reperti ceramici caratteristici della seconda fase del Bronzo Medio, evidenziati dallo stile decorativo dei vasi ceramici, cosiddetto appenninico. Sono presenti anche strumenti che testimoniano la filatura come rocchetti e fuseruole o fusaiole.
I reperti provengono da Mezzano e Monte Saliette, presso Valentano, una grande ciotola decorata da Torre di Grotta Porciosa, presso Vignanello.
Una installazione interattiva mostra l’ambiente di un villaggio dell’età del bronzo e la tecnica costruttiva di una capanna con l’arredo interno.
SALA N. 6 – Seconda sezione – ETA’ DEL BRONZO TARDO
Di questo periodo (3300-2900 anni fa) si presentano, in due vetrine, le fasi della metallurgia: un gruppo di bronzi ritrovati nel lago di Mezzano, divenuto un luogo di culto. Qui, oltre a una punta di lancia e a una notevole fibula, sono state raccolte due spade in perfette condizioni di cui una inadatta all’uso, perché non indurita, e quindi da interpretare come dono sacrificale.
SALA N. 7 – ETA’ DEL BRONZO TARDO
Dagli abitati del Torrionaccio presso Monteromano e San Giovenale presso Blera proviene un gruppo di recipienti, pesi, fuseruole, rocchetti, una macina e un fornello portatile che sono presentati nella prima vetrina. Con il Bronzo tardo (3300-2900 anni fa) compare il rito funerario dell’incinerazione.
Nella grande vetrina centrale sono ricostruite diverse situazioni di deposizione delle urne cinerarie del Bronzo tardo, solitamente vasi di forma biconica contenenti le ceneri, coperti da una ciotola rovesciata e sepolti in una fossetta rivestita da lastre di pietra o racchiusi in una capsula di tufo. Spesso le sepolture contenevano piccoli corredi, come fibule in bronzo, vasetti o gioielli in vari materiali tra i quali spicca un vago d’ambra e vaghi di pasta vitrea. I materiali provengono in massima parte dalla valle del Fiora, dalle necropoli di Crostoletto di Lamone, Ponte San Pietro e Castelfranco Lamoncello.
ETA’ DEL FERRO
Nell’ultima vetrina della SALA 7 i reperti presentati costituiscono praticamente la fine della Preistoria e l’inizio della cultura villanoviana che si afferma poco prima dell’avvento degli Etruschi.
Per questo, l’unica vetrina destinata a questo periodo contiene un’urna cineraria, segno di continuità nel rituale funerario, un frammento di stile villanoviano dall’insediamento del Torrionaccio, resti di un vaso con orlo poliversatoio da Bisenzo, e i calchi dei bronzi di un piccolo ripostiglio ritrovato nel secolo scorso presso Valentano i cui originali sono conservati a Roma, nel Museo Pigorini.
Un Totem multimediale consente di acquisire le necessarie informazioni sui siti preistorici da cui provengono i reperti presenti nel Museo e l’indicazione del percorso in partenza da Valentano.
SALA ETRUSCA – Nel primo piano della Torre ottagonale
Nella saletta ottagonale è esposta la collezione etrusca messa a disposizione da Mons. Giovanni D’Ascenzi, Vescovo emerito di Arezzo–Cortona–Sansepolcro. I circa 150 preziosi reperti sono stati musealizzati per aree di provenienza, soprattutto da Cerveteri e Vulci. Sono presenti anche ceramiche attiche e corinzie, alabastron in pasta vitrea di fabbricazione fenicia, bronzi, piccole sculture in osso di probabile produzione ellenica.
SEZIONE MEDIEVALE-RINASCIMENTALE E MODERNA
SALA N. 1
Vetrina longobarda
Due sax (spade) in ferro, con altri vari reperti bronzei e monete, rinvenuti nell’area longobarda della Fortezza, aprono la Sezione Medievale insieme a frammenti di stoffa e di ceramica provenienti da tombe a cappuccina in loc. Terrabianca mentre sulla parete di destra un capitello in stile romanico, scolpito su pietra calcarea, costituisce una delle prime testimonianze della Rocca Farnese attorno al 1100.
Vetrine 2,3,4
In questa serie di vetrine inizia la ricca esposizione di ceramiche, rinvenute soprattutto nei butti (pozzi usati come immondezzai) e da scarichi formatisi all’esterno delle mura di Valentano ma, soprattutto, attorno e all’interno della Rocca Farnese. Ceramiche a biscotto, invetriate e smaltate, consentono di percorrere un lungo excursus sulla ceramica dalle forme degli antici boccali a cannata o panata sino alle ceramiche trecentesche, di produzione altolaziale, smaltate e dipinte in bruno manganese e verde ramina e decorate con motivi geometrico-floreali. Dal sec. XV le ceramiche sono arricchite dai colori giallo-antimonio e blu-cobalto: cosicché i reperti presentati assumono anche una funzione decorativa con figure antropomorfe, animali, motivi religiosi ed araldici. Alcuni frammenti di ceramiche decorate con verde a rilievo e zaffera attestano la valenza della scuola viterbese di quel periodo unitamente ad un piatto realizzato con la tecnica del graffito sotto ingobbio. Due ciotole ispano-moresche provenienti da Manises (Valenza) attestano il commercio con la Spagna.
SALA N. 2 – CERAMICHE FARNESIANE DEL BUTTO DI PIERLUGI FARNESE
Nelle vetrine di questa Sala è presente un altro importante gruppo di reperti (ceramiche e vetri) raccolti in un butto posto all’interno della Rocca. Tra i materiali recuperati, i più notevoli sono costituiti da un piatto nuziale (tondino) dove sono uniti gli stemmi dei Farnese e degli Orsini, per celebrare le nozze di Pier Luigi con Gerolama Orsini (1519).
Sono collegati alla famiglia Farnese anche tre boccali dove compaiono le armi delle famiglie Petrucci di Siena, Carafa di Napoli, e di Alfonso d’Aragona Duca di Calabria. Le numerose maioliche policrome presenti mostrano un vasto repertorio decorativo che raccoglie i principali motivi del XVI secolo. Un piatto in stile compendiario reca la firma del noto vasaio Virgiliotto Calamelli di Faenza. Il giglio farnesiano campeggia sulle maioliche, su di una posata e su di un mortaio in pietra. Notevole il corredo di ceramiche da fuoco, sempre del sec. XVI.
Nella adiacente sala multimediale si possono visionare i filmati sui Longobardi (Le Lunghe Barbe) e sulla storia della famiglia Farnese (I Farnese e il potere). Quest’ultima sezione del percorso presenta molte ceramiche ad ingobbio sotto vetrina, prerogativa dei vasai di Castro. Della Capitale del Ducato farnesiano sono esposte alcune monete battute in quella zecca.
Sono esposti anche contenitori in vetro opera di botteghe locali o importate da Murano, recipienti da fuoco e oggetti di uso domestico come pipe e fischietti, prodotti localmente dai pignattari. Nell’ultima vetrina sono presenti ceramiche del 1600 prodotti localmente e nella vicina città di Bagnoregio, dalle cui botteghe proviene un prezioso piattello raffigurante Santa Caterina d’Alessandria, patrona dei vasai di quella città.
Una curiosità: sono esposte le posate settecentesche appartenute per tradizione al latinista abate Alessandro Mazzinelli, di Valentano. Il museo termina con interessanti testimonianze della vita civica. Un alto espositore sostiene su un lato una serie di targhe in maiolica risalenti dal XVII secolo fino al XIX, alcune testimonianti la religiosità popolare espressa con immagini di santi o iscrizioni sacre, altre attestanti la necessità di una toponomastica stradale. Tra queste si nota la targa settecentesca con l’albero, simbolo di Valentano, e l’iscrizione del civico “N. 13 ILLUSTRISSIMAE COMMUNITATIS VALENTANI”.
Sull’altro lato sono poste le antiche unità di misura una volta infisse nel palazzo del Municipio: uno “staio” in pietra per misurare i cereali e una la “canna”, una verga in ferro del XVI secolo che riporta le unità di lunghezza (lana, tela, muro, terra).
TORRE OTTAGONALE
Si può salire sull’alto della torre ottagonale. Lo splendido panorama consente una visione a 360 gradi del territorio circostante. Una serie di pannelli a collimazione visiva permette di individuare i siti e le località del territorio circostante che spazia dal Mar Tirreno, l’Argentario, la bassa Toscana con il Monte Amiata, la visione del Colli Vulsini con il Lago di Bolsena, i lontani Appennini con il Monte Terminillo, i Monti Cimini e la città di Viterbo.
SALA DELLE ARMI
La collezione di armi moderne provengono dalla Collezione della famiglia valentanese dei Manzini. Si tratta di armi da fuoco dell’800 e del 900, spade e armi bianche sia italiane che provenienti dalle campagne d’Africa (Somalia ed Eritrea). Due revolver a tamburo, della fine dell’Ottocento, costituivano il corredo dei Conservatori dell’Archivio Notarile per difendersi dai Briganti.
LA SCALA SANTA
Nel 1730 il Castello dei Farnese, concesso all’ordine delle suore Domenicane, venne trasformato in Monastero di clausura. Qualche decennio dopo le stesse suore, forse per ispirazione di San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti e loro confessore, trasformarono la Scalea cinquecentesca del card. Alessandro Farnese, nipote di Paolo III, in una Scala Santa, rimuovendo gli affreschi di sapore profano e sostituendoli con scene della Via Crucis e della Passione, di cui non si conoscono gli autori.
Con la visita, certamente suggestiva di questo luogo di devozione che richiama in maniera stupefacente la Scala Santa di Roma, si completa così la visita al Museo della Tuscia e della Rocca Farnese.